trio
Camilla, amore mio - un bull insolito
di pato3
29.08.2019 |
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"Potevo capire quanto stava bene..."
Io sono un gran cornuto: fiero, pervertito ed esibizionista. Sono cornuto perché mi eccita farmi umiliare e sono cornuto perché 12 anni fa mi sono innamorato di una ragazza tanto bella quanto indipendente e troia. Dopo anni di tradimenti saltuari e nascosti, da qualche anno, complice una certa maturità probabilmente - abbiamo entrambi 29 anni e non siamo più i fidanzatini del liceo - abbiamo scoperto quanto sia bello condividere anziché nascondere. Se una volta mi tradiva, oggi non mi tradisce più. Scopa con tante persone, certo. E forse non la vorrei più al mio fianco se non lo facesse, ma non mi tradisce perché condividiamo ogni esperienza (che io sia lì presente o meno). Camilla è bellissima, ed in fatto di ragazzi questo le ha sempre fatto ottenere ciò che voleva. Ha un viso stupendo, quasi da ragazzina, per via dei suoi lineamenti dolci. I suoi occhi verdi sono il marchio della troia. Ci sono sguardi di ogni tipo. C’è anche lo sguardo da troia. Il suo. La scollatura poi: non si tratta solo della generosità naturale di quelle tette sode con i capezzoli rotondi e larghi; si tratta anche del modo in cui la mia Camilla asseconda la natura. Non esiste il reggiseno fuori dall’orario di lavoro. Non esistono top, magliette, vestiti che non risaltino le sue curve. Dulcis in fundo, un vero tocco di classe per quanto mi riguarda: in un mondo di fighe rasate e aride, lei porta il pelo castano chiaro soffice e curato, quasi a ricordarti che non ha bisogno di farsi il colore, perché lei è bionda naturale.
C’è un confine sottile tra l’essere una cagna o una zoccola ed essere una puttana nel senso letterale del termine. A noi i confini non piacciono e recentemente abbiamo superato anche questo. Per una volta non ha (o forse dovrei dire ‘abbiamo’) scelto il partner sulla base di una forma di attrazione, sia essa fisica o intellettuale, ma sulla base del compenso economico. Per la prima volta è stata pagata per farsi scopare.
Ci trovavamo a Nizza per un tour che ci avrebbe portato da Nizza a Cap d’Agde (inevitabile per una coppia come noi, sebbene ancora non ci fossimo mai stati) e infine Barcellona. Com’è facile intuire, l’allergia al reggiseno obbliga la mia Camilla a esporre le proprie tette quando si trova in spiaggia.
Uno dei vicini di asciugamano era un signore che poi incontrammo nella hall dell’albergo. John ci riconobbe e col pretesto di spezzare la fastidiosa attesa dell’ascensore ci disse in inglese: “Eravamo vicini in spiaggia”. Non l’avrei mai riconosciuto, ma il cappello super trendy, che gli avevo invidiato in spiaggia, dei Boston Socks, mi fece ricordare che era vero. Era il vecchio arrapato vicino a noi. Non che gli altri fossero diversi, tutti guardavano le molte donne in topless. Lui aveva avuto solo la fortuna di essere a meno di due metri da noi e a ritrovarsi nello stesso hotel.
Così annuì e risposi che mi ricordavo di lui, ma non sapevo cos’altro dire e speravo nell’arrivo dell’ascensore. Dentro l’ascensore sarebbe stato anche più imbarazzante. Ma noi eravamo noi, e lui era lui. Così, quando mi scavalcò con lo sguardo e si rivolse direttamente a Camilla, dicendole: “Complimenti per il topless, in perfetto stile francese”, capimmo che era della nostra stessa pasta, solo più vecchio.
“Spero di non averle dato fastidio”, disse lei.
“Niente affatto, è una delle cose più belle della Francia!”
“Da dove viene?”, chiesi io.
“Stati Uniti, e voi? Siete francesi?”
“Italiani”
L’ascensore era arrivato al nostro piano. Ci salutammo e non pensammo molto a lungo a uno delle migliaia di uomini che avevano goduto della vista del corpo di Camilla. La sera però, quando uscimmo, lo trovammo nuovamente nella hall. Ebbi la sensazione che in qualche modo ci stesse aspettando.
Ci salutò. Lo salutammo e per educazione mi avvicinai a parlargli.
“Dove andate di bello?”
“In centro, per bere qualcosa”
“Vi posso offrire qualcosa qui intanto?”
Cercavo un modo per dirgli di no. Camilla mi guardava seccata perché non intendeva rimanere lì. Non trovai niente da dire prima che lui aggiungesse:
“Scusate, ma oggi sono solo, i miei amici mi raggiungeranno domani. Se non andate di fretta, mi farebbe piacere passare mezz’oretta in compagnia”.
Accettammo, dopo che Camilla mi fece capire che andava bene. Non c’era un motivo per cui dovessimo perdere il nostro tempo con lui. Noi 29 anni e lui 72. Completamente sconosciuto. Inoltre, aveva già visto le tette di Camilla, per cui, che senso aveva perderci del tempo assieme?
Ci offrì una birra nel bar dell’hotel. Iniziò a confidarsi, prima parlò del fatto di essere vedovo, poi di colpo si gettò in confessioni che solo un pervertito farebbe. Ma lui ne aveva viste più di noi, e forse ci aveva inquadrati bene.
“L’anno scorso ero venuto in un hotel a 5 stelle, ma poi ho capito che ci si diverte di più negli hotel di seconda fascia” (era un 4 stelle, un po’ economico, ma comunque un 4 stelle).
“Come mai ci si diverte di più?”
“In un hotel a 5 stelle rischi che ti denuncino se continui a masturbarti mentre entra la cameriera”.
Come si risponde ad una frase del genere? non si risponde. Continuò a dire le sue porcate. Ed iniziava a piacermi. Poi, quando le birre furono finite e noi in procinto di alzarci, ci disse: “Posso darvi 3000 dollari per passare la notte con lei”.
Camilla non provava nessuna attrazione, e 3000 dollari non erano poi così tanti per vendersi. Io la guardai, aspettando di capire se dovessi reagire male o bene. Reagì direttamente lei.
“Io sono una puttana e lei potrebbe fare di me qualsiasi cosa, ma tutto ha un prezzo. Per 3000 dollari ci sono escort più belle di me. Ma quelle non deve conquistarle. Io voglio essere conquistata. Faccia un’offerta migliore”
Io ero di sasso. Mai avrei immaginato di sentirla contrattare sul suo corpo, lei che si donava a tutti. E contrattare in quel modo, con quella freddezza da esperta mercante.
Vi risparmio le trattative. Non sarebbero più eccitanti che sentire due alla fiera degli animali che trattano su una capra o un maiale. Alla fine si accordarono per 5000 euro. Solo sesso. Solo una volta. Il resto era extra. Lui aveva chiesto di pisciarle addosso. Lei chiese 10.000 per quello. Così, decisero per i 5000 e per trattare eventuali supplementi.
Andammo verso la sua stanza. Lui cercò di toccarla. Lei le strinse il cazzo tra le mani.
“Prima i soldi!”, disse lei.
Naturalmente l’uomo non aveva tutti quei soldi in contanti, ma ci firmò il primo bell’assegno. Lo diede a lei e lei lo diede a me. Non era male avere quell’assegno. E per la prima volta, forse, avrei visto qualcuno pisciare addosso a Camilla. Questo non faceva che rigonfiarmi le corna, e non solo.
Camilla si stava per spogliare, ma John la bloccò. “Ti ho pagata 5000 euro, quindi non avere fretta”. Aveva anche ragione. “Spogliami”, disse.
Lei gli tolse poco alla volta tutto quello che aveva: polo bianca firmata, pantaloni corti color beige e mutande bianche. Lei era ancora tutta vestita, col suo abitino semplice, floreale, fresco, con le spalline sottili e la scollatura non troppo accennata, ma che aderisce perfettamente al seno di lei nudo sotto. Subito dopo lui la fece inginocchiare, ed iniziò a passare il pene moscio sul viso. Non era lungo ma grosso e la cappella ancor più grossa e ricoperta dal prepuzio grinzoso. Ad ogni modo, mi sembrava un buon cazzo per la mia donna, usato bene poteva darle molto piacere.
Tutto quello che John faceva era quasi nuovo, non c’era fretta e soprattutto non c’era slancio eccessivo né forza bruta. Era compassato nei suoi movimenti, e si godeva ogni attimo, ogni tocco, ogni respiro. Strusciava sulla guancia, poi saliva su, passando sopra la fronte, sfoderava la cappella asciutta e continuava a strusciare sulla fronte per poi andare giù in verticale lungo il naso di lei. Passò rapido sulle labbra per andare a concentrarsi sul mento. Sul mento iniziò a spingere un po’ di più e il cazzo iniziò a gonfiarsi.
Pensai che stesse per iniziare, ma l’esperienza lo rendeva riflessivo. Si sedette sulla poltroncina vicino alla scrivania, intanto io mi ero accomodato sull’altra poltroncina, a un paio di metri da loro. Divaricò le gambe e poi fece sedere lei a terra, di spalle, con la schiena appoggiata alla poltrona e la testa tra le gambe. Lui le accarezzava ed osservava i capelli con cura, notando piacevolmente che non c’era ricrescita. Allungò i capelli di lei sul proprio corpo, ricoprendosi anche il cazzo. Continuò ad accarezzarli e ad accarezzarsi. Il tocco di John era così delicato e piacevole, che Camilla, quando apriva gli occhi, mi guardava con sorriso sorpreso.
John era barzotto. Ed era finalmente pronto a spogliare Camilla.
“Hai le mutandine?”
“Sì”, e fece per toglierle.
“No, lascia”, e la fece accomodare sopra di lui sulla poltroncina.
Lei stava per sedersi sulle ginocchia, ma a lui non interessava fare il nonnino che racconta una storiella alla nipotina. Più che altro voleva ispezionare la nipotina. La mise nella posizione in cui si sculacciano le bimbe cattive. Lui le alzò il vestito al punto giusto per vedere che tipo di intimo indossava. Era un perizoma rosso, una striscia di stoffa stringata, talmente essenziale da non arrivare mai a formare un triangolino. Era un “t string”.
Iniziò a baciare le natiche sode di lei, forse un po’ abbondanti, ma solo un po’. Poi mise una mano sotto la sua pancia per sollevarla un po’. A quel punto il filo non poteva più nascondere, se non solo parzialmente, l’ano. John spostò il filo intimo ed iniziò a leccare il buco del culo di Camilla. Era profumato, perfettamente rosa e pulito. Lei mi guardava sorridendo. Poi ridendo. John doveva essere un vero amante del culo, perché rimase a leccarlo per buoni 5 minuti. Quando smise il cazzo era duro. E lui era pronto.
Quasi pronto. Adesso doveva spogliare Camilla. Il vestito non andava sbottonato, slacciato o altro. Andava soltanto sfilato. John procedette molto lentamente, ma quando lei fu finalmente nuda non prestò molta attenzione al seno, forse perché l’aveva osservato abbastanza durante tutta la giornata in spiaggia. Fece stendere la mia fidanzata sul letto e le sfilò le mutande. Il pelo sì che gli piaceva. Indossò il preservativo. Senza altri indugi si adagiò sopra Camilla e piano piano entrò. Anche una volta dentro si mosse con estrema lentezza. Tuttavia, anche se impercettibilmente, il suo ritmo cresceva e si percepiva dai miagolii di Camilla.
Dopo un po’ si girò verso di me e mi chiese di avvicinarmi per “dare un po’ di amore” alla mia ragazza. Voleva vedermi negli occhi mentre mi scopava la donna. Voleva capire cosa provassi.
Io non vedevo l’ora di raggiungerla e baciarla. E così feci. La baciai lungamente, era il nostro linguaggio segreto. Potevo capire come stava. Stava bene. Potevo capire quanto stava bene. Dal bacio, dalla sua lingua che vorticava inarrestabile, come quando avevamo 17 anni, capii che si stava divertendo più di quanto si aspettasse.
John finalmente iniziò a dedicarsi alle tette della mia bella. Iniziò a succhiarne una, con attenzione perversa. Quando ebbe finito mezza tetta era impregnata di saliva. Passò all’altra e fece lo stesso. Avrei voluto baciarle anche io le tette, ma c’era troppa saliva. D’altronde, con quello che aveva pagato era giusto si facesse a modo suo.
Dopo un po’ volle cambiare posizione e, soprattutto, volle che anche io, in qualche modo, partecipassi. Il mio ruolo non era essenziale, ma voleva umiliarmi. Così mi chiese di tenere le gambe di Camilla più indietro possibile, così che lui potesse ancora leccarle il culo. Vestito com’ero, mi accovacciai sopra di lei e tirai entrambe le gambe all’indietro, sollevando il bacino dal materasso. Lui si immerse di nuovo nel culo con il naso sprofondato tra le labbra della figa.
Quando ne ebbe abbastanza di leccare l’ano, la fece mettere su un fianco, con le gambe rannicchiate e il culo all’infuori, ancora una volta il mio intervento non era necessario, ma ugualmente richiesto: dovevo tenere aperta la figa (tirando dalle cosce) mentre lui la penetrava da quella posizione. Subito ci fu un contatto tra le mie mani e il suo pube, provai a ritrarmi ma mi chiese di rimanere lì a tenere allargata Camilla.
“Con l’età ti piacerà sempre di più la compagnia maschile, com’è successo a me”, mi disse lui, guardandomi in un modo che mi mise quasi a disagio. Ma il fatto che stava entrando ed uscendo da Camilla, con il mio contributo, mi faceva anche eccitare.
Mi chiese di spogliarmi. Io ero un titubante. Dopo quella frase, spogliarmi non era proprio la prima cosa che mi veniva in mente. Però mi rassicurò. E Camilla mi guardava con desiderio. Così lasciai che fosse lei a sbottonare i pantaloni. D’altronde io avevo un ruolo importantissimo. Tenere i suoi buchi aperti mentre la mia fidanzata prostituta se li faceva scopare da un anziano.
Improvvisamente iniziò a spingere forte. Lei si mise a godere come non aveva ancora fatto e io credetti che John stesse per venire. Ma non era ancora pronto. Non resse a lungo il ritmo che si era imposto e così rallentò, uscì e si sdraiò di fianco a lei, chiedendo immediatamente che fosse Camilla a salire sopra.
Io continuai a spogliarmi da solo. Adesso eravamo tutti nudi.
Lei si mise sopra di lui e lui si lasciò sovrastare dai seni della mia ragazza, che in quella posizione ricadevano sul suo viso e sembravano ancora più grandi. Riprese a leccarli mentre io di fianco apprezzavo tutta la scena con il culo di lei che faceva su e giù, facendo sparire e ricomparire quel grosso cazzo anziano.
“Altri 5000 euro e ti succhio il cazzo”, mi disse. Io lo guardai un po’ stupefatto. Lui chiese a Camilla di allungarsi per prendere il blocchetto degli assegni nei suoi pantaloni. Lei lo prese e glielo passò. Evidentemente per lei andava bene. 5000 a testa, in una serata di sesso divertente. Almeno fino a quel momento.
“Avvicinati”, mi disse. Mi avvicinai e mi poggiò il blocchetto sull’addome. Iniziò a scrivere e me lo prese in bocca. Con gli occhi guardava ciò che scriveva e poi guardava me. Il mio cazzo era duro prima e continuava ad essere duro nella sua bocca umida. Un posto umido, qualsiasi esso sia, è sempre un buon posto per un cazzo.
Iniziò a leccarlo, succhiarlo, leccarlo ancora. Lo baciò e baciò le palle. Le leccò e le prese in bocca, prima di riprendere a leccare e succhiare la cappella. Lo prese in bocca per metà. Poi lo prese in bocca tutto. Lo succhiava meglio di Camilla, purtroppo. Non ero mai arrivato vicino all’orgasmo in così breve tempo. Dovetti sforzarmi per resistere. Almeno fino a quando non fu John a dire che che stava per venire.
Chiese a Camilla di sborrare con una bella sega e dito nel culo. Per Camilla era la prima volta, ma accettò e fu anche brava. Mentre lei lo penetrava lui succhiava e segava me. Non voleva però che gli venissi in bocca. Così quando fui pronto mi fece sborrare sulle tette di Camilla. Poi quando anche lui fu pronto, tirò nuovamente a sé la mia ragazza e aggiunse nuova sborra al suo decolté. Poi con le mani spalmò tutto, mescolando i nostri semi. Poi li leccò e pulì, quasi del tutto, le tette del mio amore.
Ma ovviamente non aveva ancora finito con lei. L’accordo era di pisciarle sulle tette, ma John alzò il tiro, aggiunse 2000 euro per pisciarle nel buco del culo. La serata finì così. 12000 euro per noi, una bella scopata e una pisciata nel buco del culo traboccante.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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